TEATRO DELLA POSTA VECCHIA – ASSOCIAZIONE CULTURALE TEATRANIMA AGRIGENTO
RASSEGNA TEATRALE MARIUCCIA LINDER - Una vita per il teatro il teatro per la vita
Con Alessandra Barbagallo
Regia Silvio Laviano
Scene e Costumi Vincenzo La Mendola
Progetto fotografico Gianluigi Primaverile
Progetto grafico Maria Grazia Marano
Illustrazione Graziano Messina
Comunicazione Stefania Bonanno
Si ringrazia per la collaborazione Gabriella Caltabiano e Roberta Amato
Produzione Progetto S.E.T.A. (Studio Emotivo Teatro Azione) in collaborazione con Associazione Culturale Madè - Catania
IO SONO VERTICALE. E se la Bella addormentata non si risvegliasse dopo il bacio del
principe? Se Cenerentola non calzasse mai quella scarpetta? Se il lupo avesse
digerito Cappuccetto Rosso? Se il cacciatore avesse strappato il cuore dal
petto di Biancaneve? IO SONO VERTICALE è questo. Una favola fallita senza
morale. Il sogno di una donna che racconta la “sua” storia confidando nel lieto
fine che ogni bambina spera. La drammaturgia originale è liberamente ispirata
alla poetica di Sylvia Plath e alla sua biografia. La Plath è stata vittima
consapevole di un mondo maschile che ha sempre deciso per Lei, un mondo che
l’ha censurata, l’ha arginata e costretta nel ruolo di casalinga disperata
sfornante torte di mele. Non è riuscita mai, fino in fondo, a esternare e a
rendere completamente pubblico il suo pensiero. E così nasce “Io sono verticale”,
un diario emotivo che l’Attrice/Donna agisce e rivive un racconto bulimico
condito da parole morsicate, vomitate e sognate. Il Forno dentro il quale la
Plath morirà suicida si trasforma in una piccola dimora/badia riecheggiante
l’archetipo di una Favola Rosa. Ma Sylvia voleva davvero uccidersi? Forse
desiderava solo, in una sofferenza narcisistica, urlare al suo microcosmo che
esisteva, che pensava, che cuoceva idee con la sua di testa…dentro il suo di
forno? Per un uomo raccontare scenicamente questa storia non è cosa semplice,
bisogna evitare di giudicare sempre un personaggio e il suo percorso, ho
cercato di assecondare i miei ricordi di bambino e di quelle bambole che tutte
le femmine di casa custodivano gelosamente, su una mensola, sopra un
letto…chiuse a chiave o strette tra le mani di una cuginetta. E se quel bimbo
capriccioso avesse rapito una di quelle bambole? Se avesse dato fuoco alla
casetta profumata di Tè e pasticcini? Se avesse chiesto un riscatto minacciando
di strappare a morsi il cuore della bambola con occhi di vetro? Così ho agito
nei confronti della Storia e di quella magnifica bambola/attrice che ha
partorito questa favola accentando il suo principe/regista/carnefice. E solo
un’Attrice generosa e coraggiosa come Alessandra Barbagallo può permettersi una
sfida tanto ardua, avendo il coraggio di mordere questa mela. In un’epoca dove il
Femminicidio è un tema, a mio avviso, troppo ab-usato, abbiamo deciso con
questo spettacolo di raccontare la violenza più sottile ma anche più comune e
abituale nel rapporto uomo/donna, vittima/carnefice, Principe/Principessa: il
controllo psicologico attraverso un ricatto affettivo. Il vero “femminicidio”
parte da una manipolazione che il bambino/carnefice attua costringendo la
Donna/Bambola innamorata e sordocieca. E Se mordere la Mela avvelenata fosse
l’unica vera salvezza? Forse bisognerebbe semplicemente tenere le scarpette
strette ai piedi e accettare che il “lieto fine” non è obbligatorio né lastricato
di mattoni gialli “svedesi”. (Silvio Laviano)