Benvenuti al Teatro della Posta Vecchia.
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Qualche anno fa, la richiesta della regista Giannella D'Izzia di creare un'opera incentrata sulla figura di Andromaca mi ha subito affascinata, io e lei ci siamo incontrate, abbiamo condiviso storie di vita e prospettive, ci siamo intese.

Sono stata altrettanto emozionata quando ho saputo che la mia Andromaca sarebbe stata interpretata da Carmelinda Gentile poiché ne conosco la professionalità e la sensibilità. Come era già accaduto per altri testi con i personaggi di Persefone, Arianna, Ecuba, il mio lavoro di ricerca ha preso il via dal nome che rappresenta, per me, una sorta di contenitore simbolico che travalica il tempo e lo spazio. I personaggi abbandonano quindi immediatamente i loro connotati di classicità pur conservandone la profondità e la ricchezza e si trasferiscono, per così dire, nell'oggi. Vengono consegnati a una nuova vita, una nuova direzione, una prospettiva, questa, che mette in discussione il conformismo che ci vuole figure già stabilite, fisionomie ben impacchettate e quindi innocue.

Andromaca è una donna innamorata ma per la quale l'amore è un luogo del cuore e del vivere che viene radicalmente sovvertito da logiche che lei stessa non comprende. L'essere abbandonata la costringe a una indagine esistenziale che la coglie impreparata. Mi interessava seguire il percorso di un essere umano che dal dolore, dalla memoria, dal corpo reso come uno scheletro, ricostruisce la propria carne e le dà nuova forma e colore. Ma l'abisso che la ferita privata ha scavato, rende Andromaca intollerante verso le convenzioni, gli schemi sociali, fa da cuneo per scardinare una visione del mondo che giustifica violenza e sopraffazione. La prima parte dell'opera è quindi più intima, più introspettiva, legata alla malinconia dei ricordi, alle sfumature, per divenire poi più dura, stridente. Andromaca si ritrova faccia a faccia con la necessità di bastare a se stessa, di trovare lavoro, di proteggere il figlio, di riconoscere ambiguità e insinuanti promesse. In uno spazio nuovo, Andromaca riposiziona se stessa e il suo vissuto, poiché si riconosce una forza di donna fino a quel momento inimmaginabile, si interroga su logiche politiche disumane, incalza, accusa, grida contro ogni guerra. E infine deve scegliere se lottare.

In questa mia opera, in particolare, più che una indagine sugli archetipi penso sia presente la volontà di superare l'azione del potere. Nel momento in cui le donne abbracciano un loro punto di vista al di là delle pressioni culturali, dei sensi di colpa, dei giudizi e pregiudizi, vanificano la pressione asfissiante del potere e si riappropriano di una apertura verso la libertà. Non credo che le donne possano più rinviare una tale presa di coscienza né, credo, possano delegare. Credo piuttosto che debbano guardare lucidamente e senza cedimenti a ciò che le riguarda e che riguarda il mondo. Prima che una questione di rivendicazione di genere la considero una questione di civiltà e in quanto tale appartenente a tutti.

Clelia Lombardo



Premio Efesto Città di Catania 2014 Sezione teatrale "Mariella Lo Giudice" all'autrice Clelia Lombardo