Benvenuti al Teatro della Posta Vecchia.
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TITOLO: SONO LE STORIE CHE FANNO ANCORA PAURA AI MAFIOSI

GENERE: DRAMMATICO
COMPAGNIA: TEATROLTRE di SCIACCA
ATTORI: Franco Bruno e Nicola Puleo
REGIA: Franco Bruno
REGIA TECNICA: Maria Grazia Catania
DIREZIONE SCENA: Marina Marchica
MUSICHE: Arvo Part – John Adams

Lo spettacolo si riferisce alla storia vera di Lia Pipitone, giovane donna palermitana, fatta

uccidere, probabilmente, dal padre il 23 settembre 1983, perché i comportamenti della figlia
stavano mettendo a disagio lui e la cosca mafiosa a cui egli apparteneva. Protagonista della scena è
proprio Antonio Pipitone, il padre di Lia, il quale raccontando l’evento tragico, ma anche le
circostanze parallele e chi c’era e chi non c’era, tenta di ritrovare e spiegare il “suo” punto di vista.
Necessario e doloroso come una ragion di stato impone, schiacciato dal riflesso obliquo di un amore
paterno.
Il testo sembra dare al personaggio la sua rivincita, un’occasione di spiegare lui le ragioni,
finalmente scevro da timori e occultamenti voluti dal codice mafioso, divenuto la prima ragione
delle sue scelte, al di là di ogni ragionevole ed umano dubbio.
La difficoltà di scrittura e di costruzione drammaturgica, si è mostrata nella scelta dei pesi
narrativi non volendo privilegiare unicamente una lettura cronachistica o meramente sociologica.
Entrambe le direzioni di lettura sarebbero risultate troppo determinate e ciò avrebbe intimorito il
personaggio; per cui lo si è lasciato libero di proferire, senza timori di smentita le espressioni del
suo sentire, seppur dure o dissonanti rispetto al cosiddetto buon senso.
Mi interessava proporre al pubblico le motivazioni che possono condurre un padre a
meditare e progettare lo spegnersi di una vita a cui lui stesso ha dato origine. Un tragico dissidio, la
schizofrenica capacità di non perder, contestualmente, di vista i diversi estremi di ogni realtà; la
sovrapposizione, solo teorica, di due opposti, proposta come possibile, unica, sufficiente e
necessaria risorsa.
Nelle parti monologanti la presenza di Lia è costante, quasi ossessiva nel parlare del padre,
che alterna immagini di quotidiana familiarità ad altre di lunga e meditata sofferenza.
Senza voler far ricorso ad artificiose spiegazioni, in un costante crescendo, le convinzioni
del mafioso conducono sulla via della prevalente ragion di stato, lasciando schiacciate ma non ancor
prive di residua forza le ragioni morali del padre.
In scena, oltre all’attore che interpreta il padre, un’altra presenza maschile nel ruolo del
picciotto, testimonianza e specchio della realtà che vive il padre e che lo aiuta nel processo di
immedesimazione e presa di coscienza, fino al distacco finale (dell’azione che termina o della vita
che si conclude).
Lo spettacolo vuole essere un’occasione per ascoltare, senza veli, una mentalità che poi si
muta in cronaca, di cui spesso seguiamo i racconti dai media o le versioni agrodolci in mistificanti
fiction che elevano a modelli i profili di tali soggetti. Per riflettere e non dimenticare affinché il
vero dei fatti rimanga tale e la sua sostanza non diventi mera letteratura.