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Scheda “Sua Maestà Siciliana”

Uno studio su Ferdinando II di Dario Tomasello con Gianluca Cesale
regia di Giovanni Boncoddo.
Cosa accadrebbe se i vinti della storia potessero per un momento riavere voce, restituire agli uomini il loro punto di vista, la loro versione dei fatti? E se, fuori da ogni retorica di classe, i vinti in questione fossero non già passeggeri in transito anonimo attraverso le grandi vicende di ogni tempo, ma personaggi ben in evidenza, dei sovrani addirittura? Sua Maestà Siciliana. Uno studio su Ferdinando II, monologo in cinque scene, scritto da Dario Tomasello, per la regia di Giovanni Boncoddo, prende il via da questi ed altri quesiti, dalla tentazione non di rispondervi, bensì di continuare a interrogarsi su quello che è accaduto e (perché no?) su quello che sarebbe potuto accadere se il corso delle cose avesse preso una differente piega.
In uno spazio scenico, ideato da Umberto Giorgio, in cui otto bianche funi perimetrato un volume di forma cubica, sintesi geometrica dell’antico teatrino delle marionette, ma anche limbo o luogo onirico, che sfugge a precise coordinate spazio – temporali, prende vita l’ultimo sovrano del Regno delle Due Sicilie, raccontando episodi di una storia che ha vissuto e di una storia che travalica i limiti della sua stessa esistenza, sempre in bilico tra due mondi, un mondo venturo e uno venuto, che non c’è più. Le musiche originali eseguite in scena da Giancarlo Mazzù e Luciano Troja, scandiscono il testo interpretandone ora le atmosfere comiche e risentite, ora invece la tensione ieratica e nobile, secondo un percorso sonoro articolato lungo due direttrici, una rappresentata dal timbro “europeo” del pianoforte, l’altra dagli strumenti tradizionalmente meridionali e popolari come la chitarra, l’armonica a bocca, lo zufolo e il mandolino e inoltre dall’ensemble di elementi percussivo.

NOTA DI REGIA
Una delle piccole meraviglie del mio lavoro di regia su Ferdinando II, è stata scoprire che il personaggio poteva essere tanto poetico quanto rigoroso, tanto popolare quanto aristocratico, un uomo e un re, così pieno d’amore e di fede da originare modi diversi di leggerlo e di giudicarlo. Una regia e un testo, quindi, come un work in progress e un confronto costante, perpetuo con la storia, con il personaggio, con la finzione, con la realtà, con la propria coscienza. Esattamente come in un sogno. Mi ha sorpreso inoltre, dopo il mio incontro con Ferdinando II, come la storia d’Italia, quella studiata tra i banchi di scuola, abbia potuto essere così avara e superficiale nei confronti di una figura storica fondamentale per esaminare a fondo e veramente la questione meridionale. Ma in realtà credo di dover aggiungere, che per me non è mai esistita nessuna questione meridionale, piuttosto, esiste oggi un sud ricco di dignità e cultura troppe volte ancora offeso e vilipeso da inquietanti motivi politici e affaristici. Ferdinando II, quindi, mi ha accettato alla sua corte e per tutto il tempo delle prove ha sopportato con pazienza e ironia, le mie innumerevoli paure e i miei dubbi notturni nel voler tentare di raccontare l’uomo Ferdinando e non il re Ferdinando II.
Mi ha sempre trattato con gentilezza. Talvolta il troppo orgoglio, il troppo amore, il troppo dolore, lo rendevano insofferente verso quell’appellativo, nel contempo comico e tragico, di Re Bomba. Da lui ho imparato certo la grandezza e la semplicità e francamente spero, insieme all’autore, Dario Tomasello e a tutti i miei collaboratori, di aver restituito alla storia un personaggio e un uomo nuovo, nuovissimo, lirico, si capisce…
Giovanni Boncoddo

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